Conto alla rovescia per il 12 agosto, giorno fissato dalla legge per l’entrata in vigore dell’obbligo di digitalizzazione di tutti documenti amministrativi della PA italiana. Comuni (più di 8 mila) ed enti pubblici (circa 4 mila) dovranno quindi mettersi in condizione di formare tutta la loro documentazione ‘esclusivamente’ e ‘nativamente’ in modalità digitale.
Un obbligo fissato dall’art. 17 del DPCM 13 novembre 2014, che impone alla PA di casa nostra un grande sforzo di dematerializzazione, che implica non soltanto la digitalizzazione dei documenti, ma la revisione di procedimenti e processi nel rispetto delle norme in materia di documenti informatici, protocollo informatico, digitalizzazione dei procedimenti informatici, conservazione dei documenti in linea con quanto stabilito dal Codice dell’Amministrazione Digitale (CAD).
Come affrontare questo passaggio? In che modo creare regole standard, valide per tutti i Comuni e gli Enti italiani, alle prese con la necessità di creare una gestione integrata dei sistemi documentali digitali?
Il contesto e la scadenza del 12 agosto.
Il problema se lo è posto la Regione Lazio che, in collaborazione con Anci Lazio, ha organizzato oggi il workshop “Dalla carta al digitale: dal 12 agosto 2016 le Amministrazioni Pubbliche devono definire come produrre documenti amministrativi esclusivamente in modalità digitale”, alla presenza di almeno 300 sindaci e stazioni appaltanti nella Sala Tirreno. Hanno introdotto i lavori l’assessore regionale alle Infrastrutture, Politiche abitative ed Enti locali, Fabio Refrigeri, il presidente Anci Lazio; Fausto Servadio, il direttore regionale alle Infrastrutture; Wanda D’Ercole, Direttore della Direzione regionale Infrastrutture e Politiche Abitative della Regione Lazio; Donato Limone, il direttore del Dipartimento di Scienze giuridiche-economiche ed ordinario di informatica giuridica presso l’Università La Sapienza. Contributi su esperienze di grande efficienza già in atto nel Paese, sono stati introdotti da Armando Tomasi, direttore dell’archivio provinciale di Trento e responsabile della conservazione digitale per la Provincia Autonoma di Trento, e Antonio Massari, senior manager settore pubblico NTTData, Client Manager per la Provincia Autonoma di Trento.
Collaborazione Regione Lazio e Anci Lazio
Un’occasione di incontro e confronto per mettere a fattor comune un percorso condiviso di semplificazione, tenendo conto del fatto che “senza una reale semplificazione dei processi il digitale sarebbe soltanto un vincolo – ha detto Wanda D’Ercole, Direttore della Direzione regionale Infrastrutture e Politiche Abitative della Regione Lazio – ma la dematerializzazione incide in maniera diretta sui costi e in maniera indiretta sulla trasparenza ammnistrativa e per questo deve essere considerata una grossa risorsa per la Pubblica Amministrazione che deve puntare sull’interoperabilità delle banche dati”.
Ne è convinto Fabio Refrigeri, Assessore Infrastrutture, Politiche abitative ed Enti locali della Regione Lazio: “Il passaggio obbligato dalla carta al digitale è un’opportunità da cogliere e non soltanto un adempimento e un peso per gli amministratori locali – ha detto Refrigeri – il digitale serve a risolvere la quotidianità di chi amministra i territori, anche perché le aspettative dei cittadini sono cresciute. La norma del DPCM diventa così l’occasione per mettere in pratica il principio della trasparenza, grazie al Cloud e agli Open Data, che consentono ad esempio di misurare e valutare le decisioni politiche di un piano regolatore in base a parametri come la georeferenzialità, i rischi esondazione dei territori e al tri parametri ancora”.
Perché il digitale funzioni, però, è necessario standardizzare la modulistica dei Comuni e creare documenti soltanto in digitale “con un modello di Governance univoco che sarà inserito nella legge sugli Enti locali – aggiunge – è necessario scrivere un codice unico per digitalizzare i documenti in tutti i comuni della Regione, e lo scriveremo insieme ad Anci Lazio per semplificare il passaggio in tutti i comuni regionali”.
Sulla stessa linea Fausto Servadio, Presidente di Anci Lazio: “Il digitale è un tema sentito da tutte le amministrazioni comunali e locali – ha detto Servadio – La scadenza del 12 agosto è dietro l’angolo, bisogna mettere in atto tutte le attività necessarie per mettere in campo la trasformazione digitale, uno strumento fondamentale per amministrare in condizioni di carenza d’organico diffusa nei nostri comuni”. Per Servadio, la digitalizzazione dei documenti pubblici consentirà di snellire le procedure, alleggerendo le incombenze del personale e consentendo di erogare una serie di certificati e documenti via smartphone “rispondendo così alle aspettative dei cittadini”.
Non sarà una passeggiata
Certo, raggiungere questo obiettivo non sarà certo una passeggiata, tanto più che in realtà di trasparenza nella PA si parla da 26 anni (Legge 241/90) mentre i principi della digitalizzazione sono in circolazione da più di dieci anni, da quando è stato pubblicato il CAD. “Il 12 agosto è una data importante, perché la legge imporrà la digitalizzazione di tutto il sistema documentale della PA – dice Donato Limone, il direttore del Dipartimento di Scienze giuridiche-economiche ed ordinario di informatica giuridica presso l’Università La Sapienza – Ma qual è la qualità di questi dati? Ogni Comune usa prassi e procedure diverse per la loro gestione. Quanto ci costa tutto ciò? Si può dire che il patrimonio di dati della Pubblica Amministrazione costa 115 miliardi di euro all’anno, che sono tutti gli stipendi erogati nella PA; lo Stato paga inoltre fra i 20 e i 30 miliardi di euro all’anno per disfunzioni, costi per la carta, spese di trasporto e gestione. Eppure, si tratta di attività che si possono svolgere tutte online, come già avviene in altri ambiti come l’eBanking e l’eCommerce. Il documento informatico è valido, esistono già sistemi digitali integrati come il PI.Tre della Provincia autonoma di Trento, che collega 300 comuni e consente la registrazione, il protocollo, la trasmissione e la conservazione dei documenti”.
Serve un repertorio informatico
Per arrivare preparati al 12 agosto, Limone propone alla Regione e all’Anci Lazio alcune tappe e alcuni strumenti concettuali per semplificare e rendere trasparente l’attività amministrativa ‘nativamente digitale’, allo scopo di abbattere quei 20 miliardi di disfunzioni che pesano sulle casse dello Stato.
“Prima si semplifica, poi si digitalizza – dice Limone – bisogna costruire un Repertorio informatico dei procedimenti di base, saranno circa una sessantina, validi per tutti i comuni, che siano in linea con il decreto 33/2013 in tema di trasparenza. Tutti i dati devono essere resi pubblici sui siti dei comuni”. Il documento nativamente digitale metterà la parola fine alla scannerizzazione e alla stampa del cartaceo, per firmare sarà sufficiente la password e lo SPID (Sistema Pubblico di Identità Digitale). La firma digitale sarà utilizzata soltanto per i documenti trasmessi all’esterno.
I siti della PA dovranno rispondere alle istanze primarie dei cittadini, che ci entrano per sapere come si fanno determinate procedure. Protocollo e conservazione informatica potranno andare a buon fine se gli enti avranno formato documenti nativamente digitali.
PI.TRE (Protocollo Informatico Trentino) un modello che funziona già
Un esempio da seguire anche nel Lazio è il sistema PI.TRE (Protocollo Informatico Trentino) della Provincia autonoma di Trento, uno strumento che consente adempimenti di legge in Rete che coinvolge 300 comuni. “Il PI.TRE gestisce documenti, fascicoli e tutte le attività connesse di Comuni, scuole musei, enti – dice Armando Tomasi, direttore dell’archivio provinciale di Trento e responsabile della conservazione digitale per la Provincia Autonoma di Trento – Il sistema è conforme a quanto prevede il CAD e la legge 241/90 sulla trasparenza. Gli utenti del sistema sono 17mila e gli enti federati sono 332, che si scambiano messaggi interoperabili tramite linguaggi condivisi. Il presupposto per il suo funzionamento è una rete capillare, che in Trentino è molto sviluppata. Nel 2016 ci sono state 2,4 milioni di trasmissioni sul PI.TRE e 8,2 milioni di visualizzazioni, ciò significa che la documentazione ufficiale ormai è quella digitale e non più il foglio di carta”.
Per raggiungere questo risultato, sono state necessarie 13 mila giornate di formazione in aula per il personale, per 17 mila persone formate non soltanto in modalità frontale e anche a distanza. Gli oggetti formativi sono riusabili. Richieste di riuso del Protocollo informatico trentino sono arrivate da enti pubblici grandi e piccoli, fra cui la Farnesina, il Mibact, il Mef, la Regione Calabria.
Trasparenza digitale
La trasparenza nella PA potrà diventare realtà soltanto con un profondo processo di digitalizzazione, in linea con quanto previsto dalla legge 241/90 con il passaggio a valore legale del documento informatico. Però, “manca un modello, manca una progettualità per dire a enti e comuni come fare – dice Antonio Massari, Senior Manager Settore pubblico NTTData, Client Manager per la Provincia Autonoma di Trento – NTTData dispone di un metamodello per l’amministrazione digitale, costituito da tre componenti fondamentali: la prima, per il dominio dei procedimenti (interazione con il richiedente), la seconda per il dominio dei processi (svolgimento dell’istruttoria) e il terzo per il dominio degli archivi (alimentazione del fascicolo)”.
E’ su questo modello che è stato realizzato il PI.TRE della Provincia trentina, che il Mibact ha deciso di riusare per realizzare un portale dove i cittadini, grazie a SPID, potranno compilare le loro sue domande. L’obiettivo è abbattere la burocrazia, ad esempio per la richiesta di occupazione di suolo pubblico online. Un modello basato sul concetto di collaborazione per la realizzazione di un unico archivio dove registrare tutti i documenti e i fatti rilevanti degli enti.
OpenGenio
Intanto, la Regione Lazio ha già realizzato OpenGenio, un applicativo per la gestione delle Richieste di Autorizzazione Sismica recepito per legge. “Il sistema consente di accedere via SPID e garantisce la conservazione a norma di tutte le richieste – dice Wanda D’Ercole, Direttore della Direzione regionale Infrastrutture e Politiche Abitative della Regione Lazio – consente a chi ci lavora di utilizzare la firma digitale massiva ed è predisposto per il pagamento elettronico dell’autorizzazione sismica. I flussi procedurali sono gestiti dagli sportelli unici (SUAP e SUE) in modo tale che gli utenti possano trasmettere le richieste allo sportello unico, che le valuterà in materia di norme urbanistiche e norme edilizie e, se in regola, le gireranno alla Regione. La nostra unica preoccupazione è che i comuni non facciano nei tempi queste procedure, rendendo vano il nostro sforzo di digitalizzazione”.
Fonte: Paolo Anastasio per Key4biz.it