La scorsa settimana abbiamo dato in anteprima la notizia dell’addio a SPID, dopo aver ascoltato l’audizione di Alessio Butti alla Commissione parlamentare per la semplificazione. Le sue parole non sono equivocabili, non lasciano spazio a interpretazioni: L’obiettivo è spegnere progressivamente SPID
. La volontà del governo è dunque quella di arrivare ad avere la sola CIE (carta di identità elettronica) come strumento per la gestione dell’identità digitale. Torniamo sull’argomento per approfondire alcuni aspetti molto importanti.
Il destino di SPID è segnato: verso l’addio
Si è discusso di recente della possibilità di continuare a mantenere operativo SPID, rendendolo a pagamento. Fino a pochi giorni fa è stata un’ipotesi concreta. Per gli identity provider accreditati si tratta di un servizio erogato in perdita e alcuni si sono già attivati per trasformarlo in una sorta di sottoscrizione in abbonamento, monetizzando il loro impegno o quantomeno rientrando delle spese.
La ragione è da ricercare (anche, ma non esclusivamente) nel fatto che i 40 milioni di euro promessi dal governo non sono ancora arrivati. Secondo Butti, è colpa di questioni burocratiche legate anche al pregresso
. Persino rendere SPID un servizio premium potrebbe non bastare.
Una ragione è da ricercare in un passaggio chiave dell’intervento di Butti, quello in cui manifesta chiaramente l’intenzione di arrivare ad avere un’unica identità digitale rilasciata dallo Stato, chiudendo di fatto le porte alle iniziative che coinvolgono i privati (come SPID nella sua configurazione attuale).
Io credo ad esempio che in uno stato serio l’identità digitale sia unica e venga rilasciata dallo Stato, con tutto il rispetto ovviamente per i provider privati.
L’altro motivo è invece costituito dal fattore sicurezza. Il sottosegretario ha posto l’accento sui punti deboli del sistema, citando, seppur non esplicitamente, truffe e raggiri che prendono di mira i cittadini facendo leva proprio sulle sue fragilità. CIE è ritenuta più affidabile.
Non sfugge a nessuno che abbia manifestato tutta la sua vulnerabilità.
Rimangono da capire le tempistiche di un addio che sembra ormai deciso. Butti ha parlato di un percorso che, credo, possa richiedere ancora due o tre anni
, riferendosi però alla costituzione di un wallet che sarà pubblico e di un wallet che sarà privato
. Da qui al prossimo triennio ci sarà anche la naturale scadenza della legislatura e un eventuale rimpasto a livello istituzionale potrebbe cambiare ancora le carte in tavola, delineando nuove prospettive.
Fonte: Cristiano Ghidotti per Punto-informatico.it