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Appalti digitali, la svolta del 18 ottobre: cosa cambia

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Appalti digitali, la svolta del 18 ottobre: cosa cambia

Partono gli appalti digitali, una sfida molto importante per il settore dei contratti pubblici. Il 18 ottobre 2018 è un punto di svolta storico sulla via dell’efficientamento delle procedure di affidamento. Da questa data infatti tutte le “comunicazioni e gli scambi di informazioni” inerenti le procedure di affidamento di appalti pubblici devono svolgersi – salvo eccezioni e deroghe – in formato interamente elettronico, come previsto dall’art. 40 comma 2 del D.Lgs. 50/2016 (infra il “codice contratti”). Non si tratta di una data fissata discrezionalmente dal legislatore italiano, ma del termine ultimo individuato dalle direttive europee (si veda, in particolare, il comma 2 dell’art. 90 della Direttiva 2014/24/UE) per l’utilizzo obbligatorio dei mezzi elettronici nelle procedure di gara per le stazioni appaltanti diverse dalle centrali di committenza, per le quali l’obbligo è già scattato sei mesi fa.

Cosa si intende per "comunicazioni"

Il termine potrebbe trarre in inganno e, in effetti, far pensare che non si tratti dell’intera procedura di gara, ma solo degli scambi, appunto, di comunicazioni tra la stazione appaltante e gli operatori economici (come richieste di chiarimento, soccorso istruttorio, convocazione delle sedute pubbliche nelle procedure di tipo ristretto, ecc.). Al contrario, si tratta proprio dell’intera procedura di affidamento delle gare pubbliche compresa, quindi, la presentazione delle candidature e delle offerte. Difatti, l’art. 22 della Direttiva 2014/24/UE – rubricato “regole applicabili alle comunicazioni” e recepito nell’art. 52 del D.Lgs. 50/2016, unitamente alle disposizioni di cui all’art. 29 della direttiva concessioni (Dir. 2014/23/UE) – si riferisce chiaramente anche alla presentazione delle domande di partecipazione alla procedura e delle offerte.

Il problema della segretezza negli appalti digitali

Altro errore che si potrebbe commettere è quello di ritenere l’utilizzo della PEC rispondente all’obbligo, normativamente imposto dall’art. 40 del D.Lgs. 50/2016, di valersi esclusivamente di mezzi elettronici di comunicazione nell’ambito delle procedure di affidamento di contratti pubblici. In realtà non è così, atteso che l’utilizzo della PEC per la trasmissione delle richieste di partecipazione alla gara e/o delle offerte vere e proprie non consentirebbe di rispettare il precetto contenuto nel citato art. 22 c. 3 della direttiva europea – recepito nell’art. 52 c. 5 del codice contratti – e tradizionalmente da sempre ritenuto ineludibile anche dalla normativa e dalla giurisprudenza nazionali, secondo il quale le stazioni appaltanti possono esaminare il contenuto delle offerte e delle domande di partecipazione soltanto dopo la scadenza del termine stabilito per la loro presentazione e ne devono garantire, sino a quel momento, la completa riservatezza.

Questo postula la necessità di gestire la procedura di affidamento attraverso strumenti che consentano di preservare in ogni momento la segretezza e l’integrità delle comunicazioni scambiate e, in particolare, delle domande di partecipazione e delle offerte presentate, senza permettere ad alcuno l’accesso al loro contenuto prima del termine assegnato per la presentazione. In altre parole, la posta elettronica non è sufficiente, ma occorrono delle piattaforme di e-procurement che consentano di gestire le gare, comprese quelle informali e quelle di nuova generazione come i partenariati per l’innovazione o le procedure competitive con negoziazione, in modo interamente elettronico e completamente rispondente ai requisiti imposti dalla normativa.

Le deroghe

Anche se il precetto è formulato in termini perentori e la Commissione europea ha fortemente caldeggiato l’adozione di strumenti in grado di gestire in modo elettronico l’intero ciclo degli appalti (end-to-end), al fine di garantire maggiore efficienza, competitività e trasparenza ai relativi affidamenti, le deroghe previste dalle direttive sono, allo stato, piuttosto ampie. L’art. 52 del Codice Appalti, riprendendo in modo sostanzialmente pedissequo le previsioni del citato articolo 22 della direttiva appalti, stabilisce che le stazioni appaltanti non sono obbligate a richiedere mezzi di comunicazione elettronici nella procedura di presentazione dell’offerta nel caso in cui:

  • a causa della natura specialistica dell’appalto, l’uso di mezzi di comunicazione elettronici richiederebbe specifici strumenti, dispositivi o formati di file che non sono in genere disponibili o non sono gestiti dai programmi comunemente disponibili;
  • i programmi in grado di gestire i formati di file, adatti a descrivere l’offerta, utilizzano formati che non possono essere gestiti mediante altri programmi aperti o generalmente disponibili ovvero sono protetti da licenza di proprietà esclusiva e non possono essere messi a disposizione per essere scaricati o per farne un uso remoto da parte della stazione appaltante;
  • l’utilizzo di mezzi di comunicazione elettronici richiede attrezzature specializzate per ufficio non comunemente disponibili alle stazioni appaltanti;
  • i documenti di gara richiedono la presentazione di un modello fisico o in scala ridotta che non può essere trasmesso per mezzo di strumenti elettronici;
  • l’uso di mezzi di comunicazione diversi dai mezzi elettronici è necessario a causa di una violazione della sicurezza dei mezzi di comunicazione elettronici ovvero per la protezione di informazioni di natura particolarmente sensibile che richiedono un livello talmente elevato di protezione da non poter essere adeguatamente garantito mediante l’uso degli strumenti e dispositivi elettronici che sono generalmente a disposizione degli operatori economici o che possono essere messi loro a disposizione mediante modalità alternative di accesso direttamente dalla stazione appaltante, come meglio specificato dal comma 6 dello stesso art.52.

Anche se le ipotesi di deroga sono indicate dalla norma come tassative e l’eventuale ricorso ad esse implica l’obbligo di motivare all’interno della relazione unica di cui all’art. 99 del codice contratti le ragioni per le quali vi si fa ricorso, obiettivamente l’ampiezza delle eccezioni potrebbe risultare notevole, soprattutto se le stazioni appaltanti ritenessero che la strategia della “resistenza al cambiamento” imponga, tutto considerato, minore fatica dell’inevitabile sforzo collegato all’applicazione di un sistema nuovo.

Potenzialità e criticità dell’e-procurement

In questo, come in molti altri ambiti, difficilmente ci si troverà in disaccordo con gli obiettivi della riforma. Il “cosa” si può/vuole raggiungere attraverso l’e-procurement (i.e. trasparenza, efficienza, più elevata accessibilità e quindi maggiore concorrenza, minore onerosità degli adempimenti amministrativi, semplificazione, ecc.) è certamente un dato ampiamente condiviso e condivisibile. La criticità si annida sempre nel “come”, ovvero negli strumenti operativi concreti attraverso i quali gli obiettivi vengono raggiunti (o falliti).

Una delle criticità potrebbe essere, quindi, l’inadeguatezza dei sistemi sotto diversi punti di vista. Perché una piattaforma di e-procurement sia realmente in grado di agevolare il raggiungimento degli ambiziosi obiettivi alla base del cambiamento è innanzitutto essenziale, banalmente, che funzioni. Il che significa non solo funzionare in astratto, ma anche garantire continuità, stabilità e affidabilità nel momento in cui le procedure gestite in contemporanea sono molto numerose. Occorre considerare che diverse amministrazioni – anche di dimensioni non del tutto trascurabili – potrebbero optare per l’utilizzo di piattaforme già esistenti, messe a disposizione mediante convenzionamento da centrali di committenza o soggetti aggregatori. Questo condurrà ad un incremento significativo del carico di “lavoro” delle piattaforme stesse, che potrebbe determinare criticità operative.

E’ poi essenziale che le piattaforme funzionino non solo dal punto di vista tecnico, ma anche giuridico e ciò dipende essenzialmente da come sono state originariamente progettate e dalla capacità di adeguamento rapido al quadro normativo che, si sa, in questo settore è piuttosto magmatico. Le piattaforme devono essere in grado di gestire le procedure di nuova generazione – come le competitive con negoziazione, i dialoghi competitivi o i partenariati per l’innovazione – e auspicabilmente anche strumenti di supporto alla preparazione delle gare, come le consultazioni preliminari di mercato di cui all’art. 66 del codice contratti, rispettandone le specificità e i requisiti. Probabilmente sarà proprio il grado di efficienza e semplicità di utilizzo degli strumenti di e- procurement a fare la differenza tra l’alba di una nuova era e la semplice data di scadenza di un nuovo adempimento.

Fonte: Paola Conio per Agendadigitale.eu

| Categoria: Leggi e Decreti, PA digitale | Tags: appalti digitali, Codice Appalti, e-procurement | Visite: (1475)
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